martedì 29 luglio 2008

Il NOSTRO AMORE

Parlami di quanto a volte siamo stupidi immaginando la regia di un film a lieto fine Dimmi se il mondo gira a vuoto senza me e quando gira a vuoto prova a prendermi legando mani e polsi intorno ad un cielo che all'improvviso cambia ... che importa poi se cambia! Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore dimmi una bugia tienimi stretto amore dimmi è colpa mia che tanto poi che cambia che tanto poi che cambia Parlami di quanto a volte siamo stupidi immaginando la regia di un film a lieto fine Prendimi che il mondo gira a vuoto e tienimi per mano mentre poi cadiamoci giù da un cielo che perdendo tutto il suo sereno all'improvviso cambia .. che importa poi se cambia! Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi respirare dimmi una bugia Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi più cadere dimmi è colpa mia Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi respirare dimmi una bugia E mentre il mondo cade che importa poi se cade tu fammi respirare dimmi una bugia che tanto poi non cambia A dir la verità non siamo niente male poi a girare il nostro film sceneggiatura e foto sono cose da ragazzi per due che come me sangue, carne, ossa, pelle e calamaio si scrivono le storie come gocce nere d'anima e sudore si scrivono le storie con le gocce nere d'anima e sudore Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi più cadere dimmi una bugia Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi respirare dimmi una bugia Tienimi stretto amore tienimi stretto al cuore non farmi più cadere dimmi è colpa mia E mentre il mondo cade che importa poi se cade tu fammi respirare dimmi una bugia che tanto poi non cambia che tanto poi non cambia che tanto poi non cambia

venerdì 25 luglio 2008

SOUVENIRS

Des souvenirs tristes reparcourent mes menthes… tout se reconnecte à ce décembre lointain 2007. Erreur indubitablement mien : je te trouvais très joli, te contacte… parlons tant quelques fois, un peu moins autres… Il se crée presque feeling parmi nous, ou peut-être je me suis leurrée qu'il y avait. Je ne sais ensuite comme je me retrouve à parler avec une autre personne… ou peut-être pas ai jamais parlé avec le type que je pensais des fosses en photo… Je ne le sais pas, voudrais savoir… Me sens-je pris en tour, leurrée… mais de quel ? De quoi ? Qui êtes-vous et avec qui ai eu à faire jusqu'à présent ?

giovedì 17 luglio 2008

I SOGNI SON DESIDERI





I sogni


son desideridi felicità.

Nel sonno non hai pensieri

Ti esprimi con sincerità.

Se hai fede chissà che un giorno

La sorte non ti arriderà.

Tu sogna e spera fermamente

Dimentica il presente

E il sogno realtà diverrà

Cyrano


Il Visconte (si avanza verso cyrano che lo osserva e piantandosi dinanzi a lui fatuamente): Voi...Voi...avete un naso eh...molto grande!!..



Cyrano: Infatti, Questo e' tutto??



Il visconte: Ma.....



Cyrano: E' assai ben poca cosa!

Se ne potevan dire... ma ce n'erano a josa, variando di tono - Si potea, putacaso, dirmi in modo aggressivo:"Se avessi un cotal naso, immediatamente me lo farei tagliare!" Amichevole:"Quando bevete, dèe pescare nel bicchiere:fornitevi di un qualche vaso adatto!"

Descrittivo:"E' una rocca!...E' un picco!... Un capo affatto... Ma che! l'è una penisola, in parola d'onore!"
Curioso:" A che serve quest'affare o signore? forse da scrivania o da portagioielli?"
Vezzoso:"amate a tal punto gli uccelli che vi preoccupate con amore paterno di offrire alle loro piccole zampeun si degno perno?"
Truculento: " ehi, messere, quando nello starnuto il vapor del tabacco v'esce da un tale imbuto, non gridano i vicini a fuoco nella cappa?" Cortese:"state attento, che di codesta chiappa il peso non vi mandi per terra a capo chino!"
Tenero:"Provvedetelo di un piccolo ombrellino, perche il suo bel colore non se ne vada al sole!"
Pedante:"L'animale che Aristofane vuole si chiami ippocampelofantocamaleonte tante ossa e tanta carne ebbe sotto la fronte!" Arrogante:"Ohi, compare, e' in moda quel puntello?Si puo infatti sospendervi benissimo il cappello!" Enfatico:"Alcun vento, o naso magistrale,non puo tutto infreddarti, eccetto il maestrale!"
Drammatico:"e' il mar Rosso quando ha l'emorragia!" Ammirativo:" oh insegna di gran profumeria!" Lirico:"E' una conca?siete un genio del mare??"Semplice:"Il monumento si potra' visitare?" Rispettoso:" Soffrite vi si ossequii, messere: questo si che vuol dire qualcosa al sole avere!" Rustico:" Ohe', corbezzole! Dagli, Dagli al nasino!e' un cavolo gigante o un popon piccolino?" Militare="puntate contro cavalleria"Pratico:" lo vorreste mettere in lotteria?Sarebbe il primo lotto!"O in fin parodiando Piramo tra i singhiozzi:" eccolo l'esecrando naso che la bellezza del suo gentil signore distrusse! Or ne arrossisce, guardate, il traditore!" Ecco, ecco a un di presso, cio' che detto mi avreste se qualche po di spirito e di lettere avreste. Ma di spirito. voi, miserrimo furfante ma non ne avreste un'oncia e di lettere tante quante occorrono a far la parola:Cretino! Aveste avuto altronde, l'ingegno così fino da potermi al cospetto dell'inclita brigata servirmi tutti i punti di questa cicalata, non ne avreste nemmeno la meta' proferito del quarto di una sillaba, che, come avete udito; ho vena di servirmeli senz'alcuna riserva, ma non permetto affatto che un altro me li serva.

mercoledì 16 luglio 2008

ISIDE



Iside, il cui nome significa 'Ultima Dea: fu adorata in Egitto per più di 7000 anni. Era chiamata 'la Signora dai Mille Nomi' perché si credeva che tutte le altre dee avessero le sue sembianze. Iside conosceva i poteri curativi delle piante ed era conosciuta soprattutto come guaritrice di bambini. Ella insegnava altresì alle donne come filare, tessere e coltivare i loro giardini. Questa è la storia della lealtà e dell'amore di Iside per il proprio marito, Osiride, e della nascita del loro figlio, Horus.












All'inizio vi era Nut, il Cielo Notturno. Nut diede la Terra alla sua prima figlia, Iside. "Queste terre sono tue" disse Nut "e le dovrai proteggere e nutrire." Nut diede le Acque della Terra al suo secondo figlio, Osiride. Fin dalla nascita Iside amò teneramente il fratello minore. Ella lo condusse al fiume Nilo e poi ad ogni pozza d'acqua del deserto perché conoscesse tutte le acque dell' Egitto. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il fratello sulle ginocchia. Insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.


In seguito Nut partorì due gemelli, una femmina, Nebthet, e un maschio, Set. Sin dalla nascitia fu chiaro che Set era diverso dagli altri fratelli: i suoi capelli erano rosso fuoco mentre quelli dei fratelli erano di un nero corvino. La sua pelle era color del latte, mentre gli altri avevano una bella carnagione bruna. Set era di statura bassa ed era vivace e chiassoso. "Voi regnerete sui Morti" disse Nut ai gemelli. Nebthet ne fu felice, al contrario di Set, che voleva avere tutto ciò che possedeva il fratello Osiride. Divenuti adulti, Iside fu la regina d'Egitto ed Osiride il re. Iside amava occuparsi del giardino: raccoglieva le foglie secche e i boccioli e ne ricavava oli e tè curativi, ma un giorno il Sole bruciò ogni pianta nel giardino di Iside. Osiride vide quanto la regina ne fosse dispiaciutal e s'infuriò con il Sole. "lo ucciderò il Sole! Nessuno può offuscare la gioia della mia regina!" gridò. "Non puoi uccidere il Sole!" rise Iside . "Tutti gli abitanti della Terra devono avere calore ed acqua per vivere, lo sai. Il mio giardino ha bisogno solo di un piccolo corso d'acqua nelle vicinanze." "E allora lo avrai!" sentenziò Osiride. "Il fiume Nilo arriverà fino al tuo giardino! " Così chiamò i servi per scavare un solco lungo e profondo che partisse dal Nilo e, attraverso il deserto, arrivasse al loro giardino. Tanti si avvicinarono per osservare ciò che stava succedendo e alla fine il Nilo arrivò al giardino di Iside. Le foglie e le piante della regina ripresero colore. Iside sorrise ed abbracciò il suo amato sposo; la gente era contenta per lei. Set si tappò le orecchie per non sentire gli allegri commenti del popolo: egli voleva che tutti si rallegrassero solo per lui. E mai come allora volle diventare re. Così invitò Osiride ad una grande celebrazione . "Tutti ti amano, Osiride! disse al fratello. "Lascia che ti mostri quanto anch'io ti amo!" Quella notte Iside sognò i soldati di Set che circondavano Osiride. "Stai attento, mio amato!" lo mise in guardia. "Set è invidioso della tua felicità. Non fidarti di lui!" "Sei saggia a farmelo notare. Starò attento!" ti ringraziò Osiride. Nel palazzo di Set i tavoli erano coperti di piatti colmi di frutta fresca e di carne. Come sempre gli ospiti furono felici di vedere il re. Quando anche l'ultima fetta di torta fu consumata e gli ospiti erano sazi di birra, Set tolse la tovaglia dal tavolo a cui era seduto con il fratello. Sotto vi era un sarcofago tempestato di lapislazzuli e d'oro.
"Il sarcofago sarà di colui al quale si adatterà perfettamente" annunciò Set. Uno ad uno gli invitati entrarono nel sarcofago, che si rivelò troppo stretto o troppo largo o troppo lungo o troppo corto per ciascuno di loro. Giunse infine il turno del re. Ma Osiride, nonostante gli incitamenti di tutti gli ospiti, esitava, ricordando le parole di Iside. "E se fosse un trucco?" si chiedeva. Osiride guardò il fratello. Set aveva chiaramente fatto costruire il sarcofago apposta per lui. Non poteva proprio contrariarlo e deludere gli ospiti. Così entrò: era perfetto per lui! "Questo bellissimo sarcofago sembra fatto apposta per me!" commentò Osiride. " E lo è, infatti!" disse Set, chiudendo di scatto il coperchio. "Fammi uscire! In nome della regina, fammi uscire!" gridò Osiride. Ma nessuno lo poteva sentire. Vennero i soldati di Set e portarono il sarcofago sulle rive del fiume. Set era felice. "Spingetelo in acqua! Fate sparire per sempre il Re di Ieri!" Iside sentì le orecchie trillare: qualcosa non andava. Nelle ombre del tramonto ebbe la visione dei soldati di Set che circondavano Osiride. Iside alzò le braccia sulla testa e pronunciò il suo vero nome, Au Set. Subito apparvero due scintillanti ali Piumate al posto delle sue braccia. Poi, mentre abbassava le ali verso i fianchi, la regina rimpicciolì, riducendosi alla grandezza di una rondine, nella quale infine si tramutò. Quindi si innalzò verso il cielo e si diresse al palazzo di Set. All'interno del sarcofago Osiride sentiva che le correnti del fiume lo stavano risucchiando verso il fondo. "Dovevo rifiutare la birra che Set mi ha offerto!" si disse. "Avrei dovuto sapere che mi stava ingannando!" Osiride era pieno di rimpianto, ma non aveva paura.
Sapeva che Iside lo avrebbe trovato. Passarono i giorni. Iside continuava a volare; Osiride, chiuso nel sarcofago, pativa la fame e la sete e così iniziò a perdere le forze. Le correnti del fiume divennero più violente. Il sarcofago andò a sbattere contro il tronco di un tamarisco. Il povero re batté violentemente la testa, cadendo nel profondo sonno della morte. L'albero avvolse i suoi rami attorno al sarcofago e, passando i giorni, lo nascose completamente. Quando Iside arrivò, del tamarisco non restava che un grande ceppo: un taglialegna lo aveva tagliato e aveva portato via con sé la legna. Quella notte Iside si riposò in un canneto proprio vicino al ceppo e sognò Osiride all'interno del sarcofago, che a sua volta era rinchiuso in un alto pilastro di legno nel palazzo lì vicino. La regina si svegliò con un sussulto. La mattina la dama che abitava nel palazzo, vedendo la rondine che volava freneticamente attorno al pilastro, mise una ciotola d'acqua ai suoi piedi. "Che cos'hai, rondinella mia?" le chiese. Iside volò sul bordo della ciotola, poi vi si tuffò bagnandosi le piume. Aprendo le ali, riprese le sembianze di una donna alata in miniatura. Poi, in un battere di ciglia, ritornò alle sue vere dimensioni. La dama cadde in ginocchio: "Signora dai Mille Nomi! Che cosa mai vi ha condotta qui?" Iside le parlò del tradimento di Set ai danni di Osiride. "Sono sicura che il mio amato sposo è prigioniero in questo pilastro!" disse.
La donna chiamò i suoi servi tori perché abbattessero subito il pilastro e lo aprissero in due. Lì, infatti, c'era il sarcofago di lapislazzuli e d'oro e, all' interno, vi era il cadavere di Osiride. Iside pianse per il dolore. Poi mise il sarcofago su una barca a remi e iniziò il suo lungo viaggio sul fiume verso casa. Iside tenne nascosto il corpo di Osiride nel paludoso delta del fiume. Poi lo bagnò con acqua fresca e gli disse che sarebbe tornata presto. "Devo trovare le erbe curative da spargere sul tuo corpo, poi ti porterò alla Terra dei Morti." Ora, proprio quella notte, Set era uscito a cacciare. Quando vide il sarcofago di lapislazzuli e d'oro nella palude, non poté credere ai suoi occhi. "E' un incubo! Non può essere vero!" ringhiò, in piedi accanto al cadavere. "Come è riuscita Iside a trovarlo e a portarlo qui?" gridò, cercando la sua spada. "Non ti troverà, questa volta!" e così dicendo tagliò il corpo in quattordici parti, poi le gettò nel fiume. Iside sentì il cuore contrarsi in uno spasmo. Qualcosa non andava. Così tornò al fiume e lì trovò il sarcofago vuoto. La donna gridò tutta la sua rabbia. Sapeva esattamente che cosa era successo. Alzando le braccia pronunciò il suo vero nome e si buttò nel fiume. Le sue lunghe gambe si trasformarono nella potente coda di un pesce gigante e la dea nuotò nelle acque del Nilo alla ricerca del corpo del suo amato sposo. Raccolse uno ad uno i quattordici pezzi in cui era stato tagliato il corpo di Osiride e, insieme alla sorella Nebthet, lo ricompose. Iside cantò il 'Canto per una Nuova Vita' per tutto il giorno e tutta la notte. Alla fine Osiride aprì gli occhi. Poteva a malapena sollevare la testa. La sua voce era solo un sussurro. Iside lo abbracciò con delicatezza e lo amò. Poi Osiride morì. Ormai non c'era più niente che Iside potesse fare per lui. Mentre spalmava gli unguenti sul suo corpo la regina cantava e cantò anche quando lo appoggiò sulla barca di Nebthet; poi cantò percorrendo tutta la strada che giungeva fino al Mondo degli Inferi. Mentre Iside lasciava Osiride al suo destino, percepì che un figlio cresceva dentro di lei. "Il nuovo re!" pensò tra sé e sorrise. Poiché sapeva che Set sarebbe stato geloso di quel figlio, Iside rimase nel deserto fino alla nascita di Horus. Il bambino era gracile e debole: il suo corpo bruciava per la febbre ed era scosso da tremiti. Iside lo curò, lo accudì e gli sussurrò parole dolci. Poi gli cantò il 'Canto della Lunga Vita' e lo nutrì con erbe medicinali finché non fu guarito. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il figlio sulle ginocchia insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.
Appena il bambino seppe camminare Iside lo condusse a conoscere tutte le terre e le acque d'Egitto, poi gli insegnò il nome delle piante e i segreti della raccolta dei semi, delle radici e dei boccioli. Gli spiegò come usare le piante per curare ogni malattia, infine gli insegnò tutti i canti magici che conosceva. Naturalmente Set era geloso del nipote e un giorno, quando Horus era ormai adulto, lo sfidò a duello per la conquista del trono. "Non devi preoccuparti, figlio mio! Set è ormai vecchio e tu sei giovane e forte!" lo rincuorava Iside. E infatti Set fu sconfitto dal nipote. Iside divenne regina d'Egitto accanto al re suo figlio e insieme regnarono per migliaia di anni. I suoi poteri curativi e il suo amore eterno verso Osiride la resero una delle dee più amate di ogni tempo.
Non più appartengo
alla tribù
dei lieti d’animo.
Non più cavalco
bianchi destrieri
o draghi alati.Respiro interrotto
in un’estate
che muore.
Candide lacrime,
bruni silenzi.Nessuno può rubarmi
il sorriso,
nessuno può celarmi
l’odore,
nessuno può dirmi
se amare o morire.La passione.Parole flebili
all’uscio delle labbra,
fiumi in piena
alla soglia
dell’animo.
Giochi di incastro,
magie
di contatto.Un abbraccio,
che
come una scossa
risveglia le membra
e indica la stradaUn arrivo,
una partenza.Il dolore.Fermati,
non correre così…
…mi fa male il cuore…

martedì 15 luglio 2008

Yuki Onna - "la Signora Della Neve" - Leggenda Giapponese

Narra la leggenda che in un villaggio della provincia di Musashi vivevano due taglialegna: Mosaku e Minokichi. Nel tempo di cui parliamo, Mosaku era un vecchio e Minokichi, il suo apprendista, era un ragazzo di diciotto anni. Ogni giorno i due si recavano in un bosco a cinque miglia dal loro villaggio. Sulla strada per raggiungere il bosco si trovava un ampio fiume da oltrepassare, e per questo c’era un traghetto. Qualche volta si era tentato di costruire un ponte dove si trovava il traghetto, ma ogni volta il ponte era stato portato via dalla corrente. Quando il fiume si ingrossava, non c’era ponte in grado di resistere alla corrente.


Una sera molto molto fredda, Mosaku e Minokichi stavano tornando a casa, quando furono sorpresi da una violenta tempesta di neve. Raggiunsero il traghetto, ma si accorsero che il traghettatore se n’era andato abbandonando la sua barca sul lato opposto del fiume. Non era certo la giornata adatta per nuotare, e i due taglialegna si rifugiarono nella capanna del traghettatore, ritenendo che non avrebbero avuto la fortuna di trovare un altro rifugio. Nella capanna non c’era né un braciere né alcun posto per accendere un fuoco: era soltanto una baracca per due persone, con una porta e nessuna finestra. Mosaku e Minokichi rinforzarono la porta e si coricarono per dormire, coprendosi con i loro mantelli di paglia. In un primo tempo non sentirono molto freddo, e quindi pensarono che la tempesta sarebbe presto cessata. Il vecchio si addormentò quasi subito, ma il ragazzo, Minokichi, restò sveglio a lungo, ascoltando il terribile vento e il continuo battere della neve contro la porta.

Il fiume mugghiava e la capanna ondeggiava e cigolava come una giunca sul mare. Era una tempesta spaventosa: l’aria si faceva di momento in momento più fredda, e Minokichi rabbrividiva sotto il suo mantello. Ma alla fine, malgrado il freddo, anche lui si addormentò.

Fu risvegliato dalla neve che pioveva sul suo viso. La porta della capanna era stata aperta a forza e, al chiarore prodotto dalla neve (yuki-akari), vide una donna nella stanza, una donna tutta vestita di bianco. Stava china su Mosaku e alitava il suo fiato su di lui; e il suo fiato era come un luminoso fumo bianco. Quasi nello stesso istante, si volse verso Minokichi e si chinò su di lui. Minokichi cercò di gridare, ma si accorse che non poteva emettere alcun suono.

La donna bianca si chinò sempre più giù verso di lui, finché il suo viso lo toccò; allora egli vide che era molto bella e pensò che i suoi occhi lo spaventavano. Per un certo tempo lei continuò a guardarlo, poi sorrise e sussurrò: “Volevo fare a te quello che ho fatto all’altro uomo, ma non posso fare a meno di provare compassione per te, perché sei tanto giovane… Sei un ragazzo attraente, Minokichi, e non voglio farti del male in questo momento. Ma se mai racconterai a qualcuno, sia pure alla tua stessa madre, quello che hai visto questa notte, io lo verrò a sapere, e allora ti ucciderò… Ricordati quel che ti dico!”
Con queste parole gli volse le spalle e oltrepassò la porta. Minokichi si accorse allora che era in grado di muoversi, saltò in piedi e guardò fuori. Ma la donna non si vedeva da nessuna parte, e la neve si introduceva con furia nella capanna. Minokichi chiuse la porta e la sprangò assicurando parecchi ciocchi di legno contro di essa. Si meravigliò che il vento avesse soffiato tanto da aprirla e pensò, senza tuttavia riuscire ad averne la certezza, che aveva soltanto sognato e che probabilmente aveva scambiato il barlume della neve sulla porta per una donna bianca.

Chiamò Mosaku e si spaventò perché il vecchio non rispondeva: allungò la sua mano nell’oscurità, sfiorò il viso di Mosaku e si accorse che era fatto di ghiaccio! Mosaku era irrigidito e morto…
Al cessare della tempesta, quando il traghettatore tornò alla sua capanna poco dopo il sorgere del sole, trovò Minokichi che giaceva privo di sensi accanto al corpo congelato di Mosaku. Minokichi fu subito soccorso e presto ritornò in sé, ma rimase malato a lungo per gli effetti del freddo di quella terribile notte.

Aveva anche subìto un grande spavento per la morte del vecchio, ma non disse nulla della visione della donna in bianco. Non appena stette di nuovo bene, riprese la sua occupazione, recandosi ogni mattina da solo nel bosco e facendo ritorno al calar della sera con le sue fascine di legna che la madre lo aiutava a vendere.
Una sera, l’inverno dell’anno seguente, mentre si trovava sulla via di casa, oltrepassò una ragazza che stava facendo la sua stessa strada. Era una ragazza alta, snella e di bella presenza, che rispose al saluto di Minokichi con una voce piacevole a udirsi come il canto di un usignolo. Minokichi allora si mise a camminare accanto a lei e cominciò a parlare. La ragazza disse che si chiamava O-Yuki, che era da poco rimasta orfana di entrambi i genitori e che si stava recando a Yedo dove aveva alcuni parenti di umile condizione che avrebbero potuto aiutarla a trovare un lavoro come cameriera.

Ben presto Minokichi restò affascinato da quella strana ragazza e quanto più la guardava, tanto più gli appariva bella. Le chiese se era già fidanzata e lei gli rispose ridendo che era libera, domandandogli a sua volta se lui era sposato o promesso sposo. Lui le rispose che, pur avendo da mantenere soltanto una madre vedova, la questione di una “onorevole nuora” non era stata ancora presa in considerazione, dal momento che era troppo giovane… Dopo queste confidenze, camminarono per un bel po’ senza parlare, ma, come dice il proverbio, “Ki ga aréba, mé mo kuchi hodo ni mono wo iu”: “Quando c’è il desiderio, gli occhi sanno dire più della bocca”. Quando raggiunsero il villaggio si piacevano già molto, e allora Minokichi chiese a O-Yuki di restare per un po’ a casa sua. Dopo qualche timida esitazione, lei accettò di andare a casa di Minokichi, dove la madre le diede il benvenuto e le preparò un pasto caldo.

O-Yuki si comportò in modo così amabile, che la madre di Minokichi provò subito simpatia per lei e la convinse a rimandare il suo viaggio a Yedo. La conclusione naturale della faccenda fu che Yuki non andò mai a Yedo e rimase in quella casa come “onorevole nuora”.
O-Yuki si dimostrò un’ottima nuora. Quando la madre di Minokichi, circa cinque anni dopo, morì, le sue ultime parole furono parole di affetto e di lode per la moglie di suo figlio.

O-Yuki diede a Minokichi dieci figli, maschi e femmine, bellissimi e di carnagione molto chiara. La gente del posto trovava che O-Yuki era splendida e di una natura differente dalla loro: la maggior parte delle contadine invecchiano presto, ma O-Yuki, anche dopo essere diventata madre di dieci figli, appariva giovane e fresca come il giorno in cui era arrivata per la prima volta al villaggio.
Una sera, dopo che i bambini si erano addormentati, O-Yuki era seduta al lume di una lanterna di carta, e Minokichi, osservandola, disse: “Vederti seduta lì, con la luce sul tuo viso, mi fa pensare a una strana cosa che mi capitò quando ero un ragazzo di diciotto anni. Vidi una persona bella e bianca come sei tu ora, anzi… era proprio uguale a te”.
O-Yuki, senza sollevare gli occhi dal suo lavoro, rispose: “Parlami di lei… Dov’è che la vedesti?”
Allora Minokichi le narrò della terribile notte nella capanna del traghettatore e della Donna Bianca che si era chinata su di lui, sorridendo e sussurrando, e della morte silenziosa del vecchio Mosaku. E aggiunse: “Sia che stessi dormendo o che fossi sveglio, quella fu l’unica volta in cui vidi una creatura bella come te.

Naturalmente non era un essere umano, ed ebbi paura di lei, molta paura, ma era così bianca che… Veramente, non ho mai avuto la certezza se quello che ho visto era un sogno… o la Signora della Neve”.
O-Yuki fece cadere la sua sedia e balzò in piedi, incurvandosi verso il punto dove stava seduto Minokichi e gridandogli in faccia: “Quella ero io… io… io! Quella era Yuki! E ti dissi che ti avrei ucciso se avessi mai fatto una sola parola dell’accaduto!… Ma in nome di quei bambini che là stanno dormendo, non ti ucciderò in questo momento! D’ora in avanti dovrai avere tanta, tantissima cura di loro, perché se mai avranno motivo di lamentarsi di te, allora ti riserverò il trattamento che meriti!…”
Dopo che ebbe urlato ciò, la sua voce divenne sottile, come il pianto del vento, quindi si dissolse in una brillante nebbia bianca che si sollevò verso le travi del tetto e spirò via tremolante attraverso il camino… Non la si rivide mai più.